"Sulla terra c'è abbastanza per soddisfare i bisogni di tutti, ma non per soddisfare l'ingordigia di pochi. Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni.
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>da Unimondo.org
Sei ore dopo la scadenza della Conferenza di Copenhagen sul clima, originariamente prevista per le 17 di ieri, Stati Uniti, Cina, India e Sudafrica hanno trovato fra loro un accordo di massima che non prevede però percentuali precise sulla riduzione delle emissioni di gas serra; accordo che è stato definito da diversi negoziatori come ancora insufficiente. Lo stesso presidente degli Stati Uniti, Barack Obama che lo ha definito "uno storico passo avanti" nella lotta contro il riscaldamento globale ha riconosciuto che tuttavia non basta per la lotta al cambiamento climatico: "C'è ancora molto da fare" - ha detto il presidente Obama commentando l'intesa.
"Cifre precise di riduzione delle emissioni di Co2 per il 2015-2020 saranno fornite per iscritto" - ha dichiarato il presidente francese Nicolas Sarkozy a Copenhagen che ha definito l'accordo "significativo" ma "insufficiente" per la lotta ai cambiamenti climatici. Tutti i paesi industrializzati "hanno accettato di fornire per iscritto" i loro impegni di riduzione delle emissioni di gas serra per il 2020 ha affermato in serata il presidente Sarkozy.
L'intesa definisce i contributi ai Paesi in via di sviluppo per incrementare le tecnologie verdi. Per i Paesi in via di sviluppo sono previsti aiuti per 30 miliardi di dollari entro il 2012: la prima bozza parlava di 10 miliardi. Gli Stati Uniti hanno promesso di contribuire con 3,6 miliardi.
I Paesi industrializzati hanno rinviato al prossimo gennaio la decisione sulla misure che dovranno intraprendere entro il 2020 per ridurre le emissioni di gas serra. E una nuova conferenza si terrà a Bonn entro sei mesi ha annunciato il presidente francese, Nicolas Sarkozy spiegando che la organizzerà la cancelliera tedesca, Angela Merkel per preparare la prossima Conferenza sul clima in Messico alla fine del 2010.
"Questo presunto accordo è un fiasco totale, è anche un passo indietro rispetto al protocollo di Kyoto" - ha commentato il direttore generale di Greenpeace, il francese Pascal Husting. "Non c'é un solo punto - ha continuato il responsabile di Greenpeace - in cui si parla di obbligatorietà degli accordi. Il protocollo di Kyoto era insufficiente, ma almeno era vincolante. Questo testo è la prova che gli egoismi nazionali prevalgono ed è anche la versione più debole tra quelle circolate oggi".
Nei giorni scorsi Greenpeace ha accusato l'Italia di aver remato contro la decisione europea di migliorare l'impegno unilaterale di riduzione delle emissioni al 2020 portandolo dal 20% al 30%. Regno Unito, Germania e Francia avevanp chiesto il miglioramento dell'obiettivo, ma si sono scontrate contro il muro dell'Italia. "È un comportamento gravissimo e vergognoso" - commentava Greenpeace Italia. "L'Italia non è meno esposta degli altri Paesi al disastro climatico, anzi. Tutti gli indicatori confermano che il nostro Paese è già colpito da siccità, incendi, riduzione della diversità biologica e impatti costieri. Abbiamo un Governo folle, non all'altezza delle sfide che ci attendono" - conclude la nota di Greenpeace.
"L’Italia ha il dovere di schierarsi dalla parte di Francia, Germania e Spagna e di non giocare di sponda con le economie meno avanzate dell’ex blocco sovietico” - ha commentato Edoardo Zanchini, responsabile energia e clima di Legambiente. “Il fatto che il negoziato prosegua, nonostante le evidenti difficoltà - ha aggiunto Zanchini - dimostra come tutti si rendano conto dell'impatto catastrofico di un suo eventuale fallimento e la buona fede dei tanti leader che, tra ieri e oggi, hanno insistito sul fatto di voler giungere a un accordo".
Nei giorni scorsi Legambiente aveva denunciato un "clamoroso autogoal dell’Italia" che proprio nel giorno in cui a Copenhagen era previsto l’intervento ufficiale del nostro Paese, affidato al ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, a Roma la Commissione di Valutazione di Impatto Ambientale dello stesso ministero era convocata in seduta plenaria per dare il via libera a una mega centrale elettrica a carbone da 1320 megawatt a Saline Joniche in Calabria. "Mentre le rappresentanze di 193 Paesi sono riunite per decidere come ridurre le emissioni di anidride carbonica che soffocano il pianeta, il Governo italiano sceglie di perseverare sulla via del combustibile fossile più inquinante in assoluto" - commentava Legambiente.
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