Riportiamo con piacere alcuni stralci della lettera aperta alle donne apparsa oggi sul corriere.it a firma di Maria Laura Rodotà.
La libertà non è un concetto che si può calare dall'alto e neppure l'autostima o la consapevolezza di genere. E' necessaria una riflessione condivisa che coinvolga anche gli uomini ma parta dalle donne. Anche ad Altamura, dove le consigliere stanno larghe sulle dita di una mano e nulla di signficativo si vede all'orizzonte per migliorare la condizione femminile, anzi. Vista la deriva del maggior partito italiano (che ha sbancato anche ad Altamura) non vorremmo che nelle liste per le prossime comunali si guardasse più Miss Altamura che l'elenco delle neo laureate che stanno pensando di emigrare.
Care donne italiane, o meglio care donne italiane che cominciano a discutere di deriva maschilista-misogina nel nostro Paese e dell’imbroglio sesso-politica che sta imbambolando la nostra repubblica, che si preoccupano della video-velinocrazia che condiziona le nostre vite di mature (invisibili) e giovani (preferibilmente scollate); care tutte, che si fa?[…]
Corpi vili?
Perché è da vari mesi, dall’inizio del caso Berlusconi-Noemi-e poi altre, che parecchie donne provano un senso di umiliazione collettiva. È da ancora prima che qualcuna mostra segni di intolleranza attiva. All’inizio dell’anno è uscito un documentario, Il corpo delle donne di Lorella Zanardo, prima presentato in eventi semicarbonari, poi mostrato da Gad Lerner all’ Infedele , ora fenomeno sul Web: è un rapido e terrificante montaggio-sovrapposizione di immagini tv che lascia tramortite davanti a un evidente modello di Femmina Unica raggiungibile solo a furia di diete, reggiseni. Poi i corpi sono diventati veri, di ragazzine che dicevano papi, di escort nel letto grande, eccetera. Poi ci sono le ragazze della tv, va da sé.
Studiose all’attacco
Ma ci sono anche le quasi-ex ragazze dell’università, in genere espatriate.
Come […] Michela Marzano, apprezzata filosofa a Parigi: «Perché tante donne credono che il solo modo per emergere sia quello di ridursi a oggetti di pulsioni, contemplate per il corpo-feticcio che incarnano, e ridicolizzate per la loro incompetenza professionale davanti alla telecamera? Quale libertà resta oggi alle donne in un Paese in cui il potere in carica propone loro un modello unico di riuscita e di comportamento?». Conclude Marzano: «Facciamo, allora, in modo che il ventunesimo secolo, col pretesto di essere 'alla moda', non sia la tomba di tutte le conquiste femminili del secolo scorso». C’è chi dice «allora scendiamo in piazza ». E chi ironizza.
Veline e velini
Come Nicoletta Tiliacos, femminista storica e penna del Foglio , che attacca «la piattezza di questa versione vittimistica e irreale della “donna italiana silenziosa”». Interpellata, Tiliacos precisa: «Altro che silenzio, sono anni che non sentivo discutere tanto. Se dobbiamo polemizzare sulla cooptazione in politica, parliamo di veline ma anche di velini. E poi non stiamo parlando di donne passive, ma di donne che fanno delle scelte. Intorno ai palazzi del potere ci sono sempre state le garçonnières. Se ora le ragazze vogliono uscire e diventare deputate, non mi scandalizzo». Anche se sui media di centrodestra però c’è chi si scandalizza, e come. C’è Sofia Ventura, professore di scienza della politica a Bologna, autrice di un articolo sul velinismo per la fondazione finiana FareFuturo che in primavera ha scatenato risse. Ventura vorrebbe più indignazione, e più trasversale: «Ho visto Il corpo delle donne insieme a un gruppo di studenti di Sciences-Po a Parigi. Erano tutti inorriditi. Ho discusso alla Festa democratica di Bologna. E tra le dirigenti Pd ho trovato molto benaltrismo, molto conformismo dettato dalla fedeltà ai leader. Che in Italia sono maschilisti».
L’autostima bassa
Sono maschilisti, di sicuro. Ma le donne italiane, sembrano registrare il più basso tasso di autostima nel mondo occidentale. Tengono la tv accesa, non badano alle bellezze bipartisan, non si arrabbiano per non passare per matte. Anche le politiche. […]
Un nuovo femminismo?
«Io non sono pessimista», cerca di tirar su il morale Eva Cantarella, storica del diritto. «Perché ricordo il vecchio femminismo. Si era in poche, e bisognava convincere la stragrande maggioranza delle donne, quelle che erano chiuse in casa e dicevano “ma io non sono discriminata”. Ed è successo, e molto è cambiato. Certo, ci vuole molto tempo, e un’attività capillare. Per questo non sono contraria a scendere in piazza. In una fase in cui siamo tutti incatenati agli schermi, la parola pubblica sarebbe la vera novità. […]
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