martedì 19 gennaio 2010
San Bettino da Hammamet
Roma in questi giorni è stata invasa di manifesti inneggianti a Craxi. Anche a RAiaset il tam tam si è fatto sentire e molto. Ed è comprensibile dato che Bottino fu l'innovatore e l'artefice dell'attuale monopolio mediatico che ha aperto le porte al berlusconismo aggressivo, inquinante, manipolatorio, che sta mandando al macero questo paese. La campagna di revisionismo "estetico" non è cosa di oggi e chi cerca di ricordare passa per vecchio. Loro sanno benissimo che (citanto Orwell) "chi controlla il passato controlla il futuro".
Grazie a Wikipedia vi forniamo un tuile promemoria:
Craxi è stato condannato con sentenza passata in giudicato a:
* 5 anni e 6 mesi per corruzione nel processo Eni-Sai il 12 novembre 1996[71];
* 4 anni e 6 mesi per finanziamento illecito per le mazzette della metropolitana milanese il 20 aprile 1999[72].
Per tutti gli altri processi in cui era imputato (alcuni dei quali in secondo o in terzo grado di giudizio), è stata pronunciata sentenza di estinzione del reato a causa del decesso dell'imputato.
Fino a quel momento Craxi era stato condannato a:
* 4 anni e una multa di 20 miliardi di Lire in primo grado per il caso All Iberian il 13 luglio 1998[73], pena poi prescritta in appello il 26 ottobre 1999[74].
* 5 anni e 5 mesi in primo grado per tangenti Enel il 22 gennaio 1999[75];
* 5 anni e 9 mesi in appello per il Conto Protezione, sentenza poi annullata dalla Cassazione con rinvio il 15 giugno 1999[76];
* 3 anni in appello bis per il caso Enimont il 1° ottobre 1999[77];
Craxi fu anche rinviato a giudizio il 25 marzo 1998 per i fondi neri Montedison[78] e il 30 novembre 1998 per i fondi neri Eni[79].
Il NO CRAXI DAY, questa mattina a Roma
Craxi e Mangano i loro eroi
di Marco Travaglio
Con la lettera del presidente Napolitano alla famiglia Craxi, indirizzata dal Quirinale alla villa di Hammamet, appena lasciata da tre ministri aviotrasportati del governo in carica, si chiude degnamente il triduo di celebrazioni per l’anniversario della scomparsa del grande statista corrotto, pregiudicato e latitante: 10 anni, tanti quanti ne aveva totalizzati in Cassazione. Oggi completeranno l’opera in Senato altri luminosi statisti come l’ex autista Renato Schifani e il pluriprescritto Silvio Berlusconi, già noto per aver definito “eroe” il mafioso pluriomicida Vittorio Mangano. Intanto fervono i preparativi per festeggiare i 150 anni dell’Italia unita e il Pantheon dei padri della Patria è un porto di mare. Gente che va, gente che viene. Soprattutto gentaglia. Nel felpato linguaggio del capo dello Stato, la latitanza di Craxi viene tradotta testualmente così: “Craxi decise di lasciare il Paese mentre erano ancora in pieno svolgimento i procedimenti giudiziari nei suoi confronti”. Anche perché, aggiunge Napolitano in perfetto napolitanese, le indagini sulla corruzione (non la corruzione) avevano determinato “un brusco spostamento degli equilibri nel rapporto tra politica e giustizia”. E il sant’uomo fu trattato “con una durezza senza eguali” mentre, com’è noto, la legge impone di processare i politici che rubano senza eguali con una morbidezza senza eguali. E le mazzette miliardarie, e gli appalti truccati, e i soldi rovesciati sul letto, e i 50 miliardi su tre conti personali in Svizzera? Non sono reati comuni: il napolitanese li trasforma soavemente in “fenomeni degenerativi ammessi e denunciati” (come se rubare e poi, una volta scoperti, andare in Parlamento a dire “qui rubano tutti” rendesse meno gravi i furti). Il presidente ricorda che “la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo ritenne violato il ‘diritto ad un processo equo’ per uno degli aspetti indicati dalla Convenzione europea”. Ma non spiega che Craxi fu processato in base al Codice di procedura che lui stesso aveva voluto e votato, il Pisapia-Vassalli del 1989 che – modificato da due sentenze della Consulta – consentì fino al 1999 di usare i verbali delle chiamate in correità dei coimputati anche se questi non si presentavano a ripeterle nei processi altrui. Se i processi a Craxi non furono “equi”, non lo furono tutti quelli celebrati in Italia dal 1946 al 1999. Su un punto Napolitano ha ragione: Craxi lasciò “un’impronta incancellabile”: digitale, ovviamente. Quel che sta accadendo è fin troppo chiaro: si riabilita il corrotto morto per beatificare il corruttore vivo. Si rimuovono le tangenti della Prima Repubblica per legittimare quelle della Seconda. Si sorvola sulla latitanza di Craxi per apparecchiare nuove leggi vergogna che risparmino la latitanza a Berlusconi. L’ha ammesso, in un lampo di lucidità, Stefania Craxi: “Gli italiani non credettero a Bettino, ma oggi credono a Berlusconi”. Ma perché credano a Berlusconi su Craxi, ne devono ancora passare di acqua sotto i ponti e di balle in televisione. Stando a tutti i sondaggi, la stragrande maggioranza degli italiani di destra, di centro e di sinistra è contraria a celebrare Craxi, come è contraria all’immunità parlamentare e alle leggi ad personam prossime venture. Forse gli italiani sono ancora migliori di chi dice di rappresentarli. E allora, tanto peggio tanto meglio. Si dedichino pure a Craxi monumenti equestri, targhe votive, busti bronzei, strade, piazze, vicoli, parchi e soprattutto tangenziali. Dopodiché si passi a Mangano (sono ancora in tempo: anche lui scomparve prematuramente nel 2000). Così sarà chiaro a tutti chi sono i “loro” eroi. Noi ci terremo i nostri e da domani chiameremo i lettori a sceglierli. A Mangano preferiamo ancora Falcone e Borsellino. A Craxi e a Berlusconi, politici diversi ma limpidi come De Gasperi e Berlinguer. Ieri, poi, ci è venuta un’inestinguibile nostalgia per Luigi Einaudi e Sandro Pertini.
(fonte: ilFatto Quotidiano, 19.01.2010)
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