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martedì 28 luglio 2009

AGAIN A GAIN. More gains


A proposito di finanza qualche giorno fa su ildirittodisapere.it si leggeva:

Triplicati per le banche italiane i compensi di intermediazione sulla vendita di armi all’estero. Abbiamo letto in esclusiva la relazione. Ed ecco i dati: Banca nazionale del Lavoro, Intesa-San Paolo e Unicredit: sono le principali banche italiane coinvolte nel commercio di armi. Nulla di illegale - intervengono in operazioni regolarmente autorizzate - ma si tratta evidentemente di attività da non pubblicizzare troppo, tanto che sono stati gli stessi istituti di credito a chiedere al governo di non rendere pubblica la Relazione del ministero dell'Economia e delle Finanze su esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, che invece la Voce ha potuto leggere. E le "banche armate", sulla scia del grande aumento dell'export di armi made in Italy e sfruttando l'onda lunga dell'aumento delle spese militari sostenuto dal governo di centro-sinistra di Prodi (+ 22%, in due anni), hanno fatto grandi affari, triplicando i «compensi di intermediazione» che hanno incassato dai fabbricanti di armi.

Nel corso del 2008, infatti, sono state autorizzate 1.612 «transazioni bancarie» per conto delle aziende armiere, per un valore complessivo di 4.285 milioni di euro (nel 2007 erano state la metà, 882, per 1.329 milioni). A questi vanno poi aggiunti 1.266 milioni per «programmi intergovernativi» di riarmo (cioè i grandi sistemi d'arma costruiti in collaborazione con altri Paesi, come ad esempio il cacciabombardiere Joint Strike Fighter - Jsf - per cui l'Italia spenderà almeno 14 miliardi nei prossimi 15 anni), quasi il doppio del 2007, quando la cifra si era fermata a 738 milioni. Un volume totale di "movimenti" di oltre 5.500 milioni di euro, per i quali le banche hanno ottenuto compensi di intermediazione attorno al 3-5%, in base al valore e al tipo di commessa.

La regina delle "banche armate" è la Banca Nazionale del Lavoro (del gruppo francese Bnp Paribas) con 1.461 milioni di euro. Al secondo posto si piazza Intesa-San Paolo di Corrado Passera, già braccio destro di Carlo De Benedetti ed ex amministratore delegato di Poste Italiane, con 851 milioni (a cui andrebbero aggiunti anche gli 87 milioni della Cassa di Risparmio di La Spezia , parte del gruppo), per lo più relativi a «programmi intergovernativi»: il cacciabombardiere Eurofighter, le navi da guerra Fremm e Orizzonte, gli elicotteri da combattimento Nh90 e diversi sistemi missilistici.
Eppure due anni fa il gruppo aveva dichiarato che, proprio per «dare una risposta significativa a una richiesta espressa da ampi e diversificati settori dell'opinione pubblica che fanno riferimento a istanze etiche», cioè la campagna di pressione alle banche armate, avrebbe sospeso la partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano il commercio e la produzione di armi e di sistemi d'arma pur consentite dalla legge.
Si tratta di transazioni relative a operazioni sottoscritte e avviate prima dell'entrata in vigore del nostro codice di comportamento e che dureranno ancora a lungo», è la spiegazione che fornisce Valter Serrentino, responsabile dell'Unità Corporate Social Responsibility di Intesa-San Paolo. Anche Unicredit negli anni passati aveva ripetutamente annunciato di voler rinunciare ad appoggiare le industrie armiere, eppure nel 2008 è stata la terza "banca armata" italiana, con 606 milioni di euro. Nessuna dichiarazione di disimpegno invece da parte della Banca Antonveneta, che lo scorso anno ha movimentato 217 milioni. Mentre piuttosto ambigua è la situazione del Banco di Brescia: nel 2008 ha gestito per conto delle industrie armiere 208 milioni di euro benché il gruppo di cui fa parte dal 1 aprile 2007, Ubi (Unione Banche Italiane), nel suo codice di comportamento abbia stabilito che «ogni banca del gruppo dovrà astenersi dall'intrattenere rapporti relativi all'export di armi con soggetti che siano residenti in Paesi non appartenenti all'Unione Europea o alla Nato» e che «siano direttamente o indirettamente coinvolti nella produzione e/o commercializzazione di armi di distruzione di massa e di altri armamenti quali bombe, mine, razzi, missili e siluri».

Luca Kocci – tratto da “La Voce delle Voci”, n.6 giugno 2009 - www.lavocedellevoci.it

«La policy del gruppo non vieta le operazioni di commercio internazionale - spiega Damiano Carrara, responsabile Corporate Social Responsibility di Ubi - ma le disciplina prevedendo che il cliente della banca», cioè l'industria armiera, non si trovi «in Paesi che non appartengano alla Ue o alla Nato, e questo divieto è pienamente rispettato».
Ma i dubbi restano. «Da quando, lo scorso anno, è sparito dalla Relazione il lungo e dettagliato elenco delle singole operazioni effettuate dagli istituti di credito - spiega Giorgio Beretta, analista della Rete italiano Dísarmo - è impossibile giudicare l'operato delle singole banche. Senza quell'elenco, infatti, i loro codici di comportamento non sono comprovati dal riscontro ufficiale che solo la del governo può fornire» www.disinformazione.it

mercoledì 22 luglio 2009

Banche Armate ed guadagni "bomba"



Vi piace vantarvi con amici e parenti delle vostre imprese da piccoli investitori finanziari? Vi siete mai chiesti, però, qual'è la provenienza di quelle piccole rendite?
Pochi probabilmente sanno che moltissime banche investono nel sempre florido mercato delle armi. Un settore che non conosce crisi come dimostra il Rapporto annuale 'Small Arms Survey 2009' da cui risulta che il commercio mondiale legale di "armi piccole e leggere" (small arms and light weapons) è aumentato del 28% tra il 2000 ed il 2006 con un incremento pari a 653 milioni di dollari che portano il valore complessivo a 2,97 miliardi di dollari.

I dati analizzati dal centro indipendente di ricerca del Graduate Institute of International Studies di Ginevra si basano sul 'UN Commodity Trade Statistics Database (UN Comtrade), il database delle Nazioni Unite che riporta i dati doganali forniti volontariamente da molti - ma non da tutti - gli stati.

Gli Stati Uniti continuano ad essere leader nel commercio globale legale di "armi piccole e leggere" sia per quanto riguarda le esportazioni (ricoprono il 22% dei traferimenti) che le importazioni (27% del totale mondiale) nel periodo 2000-6. Al secondo posto tra i maggiori esportatori del 2006 vi è l'Italia che con 434 milioni di dollari di esportazioni di "armi leggere e di piccolo calibro" annovera tra i suoi principali acquirenti Stati Uniti, Francia, Spagna, Regno Unito e Germania. Le tipologie di armi esportate dal nostro paese ricoprono un ampio raggio in cui, in ordine di importanza, figurano "pistole sportive e da caccia", "caricatori per pistole", "revolver e pistole" (ad uso civile, non sportivo nè militare), "fucili sportivi e da caccia", oltre a parti accessori e munizioni. Secondo il rapporto sarebbero di misura minore le esportazioni italiane di "armi militari", ma va ricordato che i dati forniti dall'Italia all'Onu non riportano spesso quelli presenti nella Relazione governativa sulle esportazioni di armi (anche piccole e leggere) ad uso militare, bensì solo quelli forniti dall'Istat - basati sulle informazioni delle Camere di Commercio - relativi quasi esclusivamente alle armi sportive, da caccia e "ad uso civile".

Inoltre, con oltre 345 milioni di dollari di esportazioni, nel 2006 l'Italia è stata il principale esportatore internazionale di "pistole e fucili da caccia" mentre nel settennio 2000-6 con una media annuale di quasi 190 milioni di dollari ha ricoperto da sola più il 51% delle esportazioni di questi sistemi d'arma. Un leader indiscusso nell'export di armi da caccia di ogni tipo, quindi, considerato anche che nel settennio le esportazioni della seconda classificata, la Turchia, non hanno superato la media annuale di 24 milioni di dollari.

Desta invece più di una preoccupazione il livello di trasparenza dell'Italia. Il "Barometro 2009" messo a punto dall'Istituto di Ginevra, infatti, fa scendere l'Italia al dodicesimo posto - era seconda nel 2008 - preceduta anche da Slovacchia, Romania e Serbia. A penalizzare l'Italia nella nuova classificazione è soprattutto il basso livello di "licences refused", che valuta se uno stato "specifica o no i paesi ai quali sono state rifiutate esportazioni, offre una spiegazione dei rifiuti emanati e informa sul tipo, valore e quantità del sistema d'arma per il quale sono stati emanati i rifiuti". Positiva, invece, è per "tempestività" l'informazione fornita all'Onu dal nostro paese. In altre parole, l'Istituto di ricerca di Ginevra valuta positivamente il lavoro di raccolta e trasmissione dei dati - che nello specifico è svolto dall'Istat -, mentre punta il dito verso la poca informazione fornita dalle amministrazioni e ministeri competenti in materia di autorizzazioni e rifiuti. Primeggiano invece per trasparenza Svizzera, Regno Unito, Germania, Norvegia e Paesi Bassi.

fonte UNIMONDO.org [Giorgio Beretta]

Volete cambiare il "sistema"? Cominciate seguendo la Scuola del Vivere Insieme!
vedi anche banchearmate.

giovedì 15 gennaio 2009

Alex ZANOTELLI: FERMIAMO "Africom"



Una lettera di padre Alex Zanotelli con annessi interrogativi che arrivano dritti al nocciolo della questione e smascherano l'ipocrisia non solo il politicamente corretto, ma anche il "cristianamente" corretto!
Varrebbe la pena spendere un po' di tempo per:
  1. inviare 2 mail ai ministri degli esteri e della difesa;
  2. inoltrare questa lettera ai tuoi contatti;

*********
Le comunità cristiane in Italia hanno appena celebrato il Natale, una festa così carica di messaggi di pace. La stessa Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio) è venuta ad accentuare questo tema per i credenti. Ma noi cristiani ci accorgiamo di quello che stiamo celebrando? Come facciamo a proclamare la pace in chiesa mentre non ci accorgiamo che la neghiamo con le scelte violente sia nostre che dei nostri governi?

Come possiamo celebrare il Natale, la festa della vita, con il massacro dei bimbi palestinesi, vera strage degli innocenti? Come possiamo celebrare il Natale senza che questo "urlo" di sofferenza umana, dei palestinesi come anche di tanti altri popoli (dai congolesi ai ceceni), non venga a disturbare le nostre coscienze addormentate di cristiani di Occidente? Ci rendiamo conto che tanta di questa sofferenza è dovuta alle scelte militaristiche dei nostri governi?

Un esempio incredibile è l'annuncio fatto poco prima di Natale dal nostro ministro degli esteri Franco Frattini: Africom, il supremo comando Usa per le truppe di terra e di mare per l'Africa, troverà posto a Napoli e a Vicenza.

Africom, creato nel 2007 dal
presidente Bush e inaugurato il primo ottobre 2008 a Stoccarda (Germania), è guidato oggi dal generale afro-americano William "Kid" Ward (foto). Il generale ha speso il 2008 a cercare una base per questo Comando in Africa. Ma la forte azione diplomatica del Sudafrica contro la presenza di Africom nel continente, ha impedito agli Usa di trovarla.

Come ultima chance gli americani hanno pensato di trovarla nel paese più vicino all'Africa, la Spagna ed esattamente a Rota (Cadice), ma Zapatero si è opposto. Non rimaneva che l'Italia! E il governo Berlusconi è stato ben felice di dare il benvenuto ad Africom a Vicenza e a Napoli. (Nel 2008 il comitato campano Pace e Disarmo aveva scritto un libro dal titolo profetico, Napoli chiama Vicenza, che descrive la pesante militarizzazione del territorio campano dotato di sette basi militari: Usa e Nato!).

Il ministro Frattini ha anche detto che si tratta di «strutture di comando che operano nel quadro Nato». Bugia! Il comando Africom è uno dei sei comandi unificati del Pentagono. Frattini ha anche dichiarato che non ci sono truppe da combattimento, ma solo componenti civili. Altra bugia! Africom è il comando unificato militare statunitense che ha come scopo la lotta al terrorismo e l'addestramento dei militari africani, oltre alla protezione degli enormi interessi americani in Africa.

E proprio per potenziare Africom, gli Usa hanno costituito due nuovi corpi: i Marines per l'Africa (Maforaf) e il Diciassettesimo Stormo dell'aeronautica militare Usa con il nome di Afafrica. Quest'ultimo opererà soprattutto da Vicenza e Sigonella, oggi la più grande base aerea nel Mediterraneo. Le forze armate Usa hanno fatto già sapere che 750 militari verranno assegnati a Napoli e a Vicenza. Frattini ha anche detto che la scelta del governo è stata presa dopo aver informato i paesi africani che hanno espresso grande supporto per questa decisione! Strana democrazia quella del governo Berlusconi che tiene nascosta una tale decisione al parlamento e consulta invece i governi africani!

Il nostro governo dando il suo consenso a Washington contribuisce alla nuova operazione di stampo coloniale mirante al controllo delle aree strategiche dell'Africa.

Le domande che sorgono sono molte e inquietanti sia per il nostro governo e parlamento, sia per le amministrazioni della Campania e di Napoli, sia per la chiesa italiana.

Governo e parlamento

In quali sedi e con quali procedure è stata presa questa decisione di grande importanza strategica? Perché il parlamento italiano non è stato informato e non c'è stato nessun dibattito parlamentare? Il Pd ha qualcosa da dire a riguardo? Oppure c'è un accordo bipartisan su tutto questo?

Regione Campania e Comune di Napoli
La Regione campana, nella persona del suo presidente Bassolino, è stata almeno consultata? E la sindaca di Napoli, Rosa Iervolino, è stata almeno interpellata, dato che Africom sarà posizionato a Napoli?

Chiesa italiana
Come mai che la Cei non ha alcuna parola da dire su scelte militaristiche così scellerate? Come mai gli istituti missionari e le realtà missionarie laicali come la Focsiv non reagiscono a decisioni militaristiche così gravi? Come facciamo ad inviare missionari, suore, laici in Africa se non denunciamo scelte come queste che rendono l'Africa sempre più schiava e sfruttata? Se, come missionari, vogliamo proclamare Buona Novella ai poveri, dobbiamo avere il coraggio di denunciare con forza queste virate militaristiche del nostro governo. Non è questa la missione globale a cui come missionari siamo chiamati?

Mi aspetto una presa di posizione pubblica da parte degli istituti missionari operanti in Africa.
A tutti chiedo di inviare una e-mail al ministro degli esteri Franco Frattini e al ministro della difesa Ignazio La Russa, protestando per la scelta di Africom a Vicenza e a Napoli.

Alex Zanotelli

fonte:
Nigrizia

Email ministro della difesa Ignazio La Russa
segreteria.ministro@difesa.it

Email ministro degli esteri Franco Frattini
segreteria.frattini@esteri.it