domenica 2 agosto 2009

L'AUSTRALIA contro l'acqua in bottiglia



Americani e italiani in testa, seguiti a ruota dal resto dei Paesi industrializzati, bevono sempre di più acqua in bottiglia. Quanto contribuiscono al deterioramento dell'ambiente? Spiega Todd Jarvis della Water Resources Graduate Program alla Oregon State University (Usa): "Ogni anno, nel mondo, si consumano 81 milioni di litri di petrolio e 600 miliardi di litri di acqua (necessari per la lavorazione della plastica) per produrre 154 miliardi di acqua minerale in bottiglia. E questo alimenta un favoloso business che oggi ha raggiunto i 100 miliardi di dollari all'anno e che continua a crescere, visto che dal 1978 ad oggi è aumentato del 2.000%".

Per produrre 1 chilo di Pet (polietilen-tereftalato), la plastica usata per le bottiglie, sono necessari poco meno di 2 chili di petrolio e 17 litri di acqua, la cui lavorazione rilascia nell'atmosfera 2,3 chili di anidride carbonica, o40 grammi di idrocarburi, 25 grammi di ossidi di zolfo e 18 grammi di monossido di carbonio. A cui poi va aggiunto l'inquinamento per il trasporto, visto che solo il 25% delle acque in bottiglia bevute in un Paese provengono dalle industrie nazionali, le altre devono varcare uno o più confini. Forse vale la pena rifletterci.
(Fonte: La Repubblica)

Del resto in un sistema competitivo di mercato - in cui le relazioni hanno natura strumentale, lo scambio è mediato dalla moneta e finalizzato al profitto - sembra "normale" che anche il mondo naturale sia valutato in funzione della sua utlità produttiva ed economica. In fondo la "mercificazione dell'acqua" non è che la punta dell'iceberg di un processo iniziato da secoli che ha prodotto risultati fallimentari da un punto di vista etico (giacché lesivo della dignità umana e "produttore" di disuguaglianze), ambientale (poiché causa di danni ed alterazione dei cicli ecologici) e socio - economico (quale motivo di miseria e conflitti). Margherita Ciervo, Geopolitica dell'acqua

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