lunedì 10 agosto 2009

Altamura's dream e quaquaraquà


E' strano leggere di Altamura sui giornali. Si ha la sensazione di svegliarsi da un sogno, il sogno altamurano, Altamura's dream. Leggere di Altamura in relazione alle indagini della DIA non è piacevole, ma può diventare estremamente salutare nel momento in cui serve a rendersi conto che la merda ci sta arrivando al collo. Leggere il nome del giornalaio altamurano (come ironicamente si definisce come lo etichetta chi è infastidito dalle sue continue denunce) Alessio Dipalo e della sua Radio Regio su Panorama, su L'Espresso e sul seguitissimo blog voglioscendere.it deve far riflettere.
Soprattutto se si considera che le inchieste del pm Digeronimo partono proprio dalle denunce di Dipalo a seguito delle minacce e dei pestaggi subiti.
Come deve far riflettere la subitanea risposta di Nichi Vendola (che non risulta tra gli indagati) tutt'altro che scontata: Vendola se la prende con il magistrato che sta indagando accusandola di prestarsi inconsapevolmente ad una operazione politica contro di lui e lamentando una serie di comportamenti che egli ritiene irregolari (leggi)!
Intando ad Alessio Dipalo questa vicenda non può che far bene, dato che da anni, quasi in solitudine denuncia gli intrecci tra politica e malaffare nella citta del pane e della monnezza!
Con la sua cadenza fortemente (forse volutamente) altamurana continuerà con maggior vigore a gridare allo scandalo in un paese in cui lo scandalo non fa più notizia (salvo quando ad accorgersene è il forestiero).
Fanta-politica? Magistratura guidata ad arte? Giornalisti che si credono eroi?
Magari se lo chiederanno i lettori di Milano o di Roma ma - intanto - ad Altamura tutto tace. Si sente solo qualche anatra che starnazza.


«Io» proseguì don Mariano «ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà... Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini... E invece no, scende ancora più in giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi... E ancora di più: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito... E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre.
Leonardo Sciascia - Il giorno della civetta

1 commento:

Anonimo ha detto...

Leggere domani sulla Gazzetta del Mezzogiorno di Cosimo Forina

Al Pubblico Ministero della procura distrettuale antimafia di Bari, dott.sa Desirée Digeronimo sarà conferito nella cerimonia che si svolgerà nella città siciliana di Mascali il 21 marzo 2010 il premio internazionale “Rosario Livatino” giunto alla sua sedicesima edizione. Rosario Livatino il “giudice ragazzino” fu ucciso a soli 38 anni in un agguato mafioso la mattina del 21 settembre 1990 sul viadotto Gasena lungo la SS 640 Agrigento-Caltanissetta mentre, senza scorta e con la sua auto si recava in Tribunale. Unanime la scelta espressa dal comitato "Rosario Livatino" di Riposto, presidente il cav. Attilio Cavallaro e dal Centro studi giuridici e sociali "Giustizia e pace" presieduto dal sostituto procuratore generale Vittorio Fontana sulla dott.sa Desirèe Digeronimo: “per l’impegno umano e professionale di contrasto alle mafie, impegnata nella più delicata inchiesta giudiziaria che ha investito il mondo politico pugliese”. La notizia del meritato alto riconoscimento giunge in antitesi al tentativo di isolare il magistrato in ragione delle sue delicate inchieste che stanno mettendo insieme le tessere del malaffare in Puglia. Sia per la gestione della sanità che su quella dei rifiuti, i nervi scoperti della Regione Puglia che hanno portato il presidente Nichi Vendola a scrivere una lettera di attacco alla Digeronimo. Missiva che ha provocato la reazione della società civile, di una parte del mondo politico come l’Italia dei Valori e del Consiglio Superiore della Magistratura. Rosario Livatino è simbolo di rettitudine e di fede, si è occupato tra l’altro di delicate indagini antimafia, di criminalità comune ma anche (nell'85) di quella che poi negli anni '90 sarebbe scoppiata come la "Tangentopoli siciliana". E’ stato segretario della sottosezione di Agrigento della Associazione Nazionale Magistrati. L'assemblea tenuta ad Agrigento dopo la sua morte fu presieduta da Paolo Borsellino, presidente della sezione di Palermo. Dal 1993 il vescovo di Agrigento ha avviato la causa di beatificazione. Una signora, Elena Valdetara, afferma di essere stata guarita da una grave forma di leucemia, grazie all'intervento del giudice che le sarebbe apparso in sogno, in abiti sacerdotali, spronandola a trovare in sé stessa la forza per superare la malattia. Papa Giovanni Paolo II definì Rosario Livatino “martire della giustizia ed indirettamente della fede”. “La dott.sa Digeronimo, ha afferma Attilio Cavallaro, incarna i principi e i valori che furono di Rosario Livatino, un dono di servizio per la società, per la giustizia, per la ricerca della verità”. Il premio internazionale “Rosario Livatino” nell’ultima edizione è stato conferito al giornalista- scrittore Carlo Vulpio per il suo libro “Roba Nostra”, spaccato sulle scalate bancarie da parte della politica e sulla tangentopoli legata ai finanziamenti europei, scandali messi in luce dai magistrati Clementina Forleo e Luigi de Magistris.