Anche quest'anno sono arrivati i giorni dei test Invalsi. Ieri alle
elementari, oggi alle medie, il 16 maggio alle superiori. Chi scrive,
per la cronaca, ha aderito allo sciopero indetto dai Cobas proprio per
sollevare le diverse problematiche che deriverebbero dai test (e da una
didattica ad essi orientata) in una scuola dove manca l'essenziale e si
spendono milioni di euro per misurarne lo sfacelo.
Tra ieri ed oggi, i bambini di 2^ e 5^ elementare e di 1^ media
sperimenteranno un diverso modo di fare scuola. Sono i giorni della
prova Invalsi, giorni “speciali” nei quali gli insegnanti sono un po'
meno docenti e un po' più “somministratori” di quiz. Per avere un'idea
date un'occhiata al “Manuale per il somministratore” cui attenersi
scrupolosamente. E come in ogni quiz che si rispetti, il fattore tempo è
determinante, devi essere più veloce, devi fare meglio degli altri...
Ai docenti è richiesto di munirsi di un cronometro (una prova di
velocità “somministrata” a bambini di 8 anni) e si suggerisce anche cosa
dire ai bambini (frasi fredde, robotiche) all'inizio:
“Quando vi darò il via, dovete cominciare la prova vera e propria e cercare di fare più in fretta che potete ma
non vi preoccupate se non riuscite a finire. Ricordatevi di non
fermarvi quando arrivate in fondo a una pagina e di passare subito a
quella dopo. Quando vi dirò di smettere, dovete posare immediatamente la
penna e chiudere il fascicolo”
cosa rispondere se chiedono aiuto
“NON risponda alle eventuali richieste di aiuto degli alunni sulle domande delle prove
cognitive. NON dia alcuna informazione aggiuntiva, indicazione o suggerimento relativamente al
contenuto di alcuna delle domande della Prova. LA MIGLIORE RISPOSTA da dare a qualunque richiesta di aiuto è: “Mi
dispiace ma non posso rispondere a nessuna domanda. Se ti può essere
utile, rileggi le istruzioni e scegli la risposta che ti sembra
migliore”. (!!!)
Chi lavora con i bambini sa benissimo che una prova (scritta o orale che
sia) è influenzata (in meglio o in peggio) dall'atteggiamento del
docente. Ora immaginate quale può essere il risultato di un quiz per un
bambino che fino a ieri poteva contare sugli incoraggiamenti della
maestra ed oggi si ritrova dinanzi un sommistratore freddo e
cronometrico.
E' vietato fare la pipì: “gli allievi che chiedono di uscire dal locale della somministrazione al di fuori della/e pausa/e prevista/e possono farlo solo in situazioni di emergenza (ad esempio, nel caso si sentano male). E se si sentono male perchè gli si è impedito di uscire? Chi ne è responsabile?
L'altra “stranezza” di queste prove-quiz è l'assurda esclusione (nel
vero senso del termine) dei ragazzi in difficoltà. Infatti, quanto agli
alunni con DSA (disturbi specifici dell'apprendimento) o quelli in
situazione di handicap si legge “se a giudizio del Dirigente
scolastico le prove standardizzate non sono ritenute adatte a un allievo
con DSA in ragione della natura e della specificità del disturbo
stesso, è possibile dispensare lo studente dal sostenimento delle prove,
avendo cura di impegnarlo nei giorni delle prove in un’altra attività
ritenuta più idonea.”
Quanti ragazzini saranno portati fuori dalle proprie aule nei giorni
dell'Invalsi? I genitori di questi bambini ne sono a conoscenza? Come
viene motivata la loro esclusione ai compagni di classe?
La competizione si sa' rende più semplice il compito degli insegnanti,
ma non lo rende assolutamente più efficace: fare “bene” e fare “meglio
degli altri” sono cose assai diverse che implicano obiettivi e strategie
diverse. E poi: non è detto che se faccio “meglio”, ho fatto “bene”.
L'impostazione competitiva è estremamente fallimentare nel campo
educativo. E quando si fa a gara a “chi è il più bravo del reame” in
realtà si carica inutilmente di ansie l'alunno. Certo nessuno si illude
che la didattica non ricorra mai a questi espedienti, ma questo non
significa che non se ne debbano riconoscere gli aspetti disastrosi.
Sono gli stessi insegnanti che dovrebbero iniziare ad approfondire autonomamente la questione.
La scuola italiana ha registrato tagli per 8 MILIARDI di euro (16 mila
miliardi di vecchie lire!!) negli utimi 3 anni, ha perso 81 mila
insegnanti e quelli che restano sono sempre più vecchi, le classi sono
sempre più numerose e gli edifici scolastici necessitano di interventi
strutturali importanti, l'anno prossimo con il c.d. “dimensionamento” vi
saranno MEGA-SCUOLE anche da 1800 alunni...
Gli insegnanti dovrebbero inoltre iniziare a riflettere su quella che
gli esperti chiamano “teaching to test”: quanti di noi hannno modificato
la didattica (le case editrici lo fanno da un pezzo) in funzione dei
quiz? Nell'immaginario degli alunni (e non solo) il quiz non è lo
strumento, bensì il fine e questo è deleterio per il processo di
apprendimento.
Allora non è peregrina l'idea che attraverso i risultati dei test,
considerati “un termometro oggettivo” dai sostenitori dei quiz, si
voglia giungere ad una competizione ed una classifica tra le scuole.
Concorrenza tanto cara al mondo dell'impresa e dell'economia i cui
principi non hanno mai ispirato la scuola pubblica dal dopoguerra da
oggi. Difficile pensare che attraverso i quiz si voglia migliorare la
situazione. Una scuola nel CEP di Bari sarà penalizzata (magari con
minori risorse) qualora i risultati dei ragazzini sarannno al di sotto
della media nazionale? La dura legge della concorrenza non può fermarsi
ad aspettare chi è indietro (i ragazzi con handicap o DSA sono di
intralcio allo svolgimento dei quiz cronometrati). Ed allora che ne sarà
della scuola di inclusiva sancita dalla legge quadro n. 104/92?
Oggi, dopo anni di ferite inferte, è tempo di curare la scuola e
incoraggiarne gli operatori della scuola pubblica (i fondi per le scuole
private stranamente aumentano), NON già di perdersi nell'inutile
compito di dare una misura allo sfacelo prodotto da decenni di
malapolitica.
Michele Loporcaro
(insegnante di sostegno - promotore del Comitato ScuolaBeneComune Altamura - RSU Cobas Scuola - genitore preoccupato)
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