giovedì 10 maggio 2012

I TEST INVALSI E LA DIDATTICA CRONOMETRICO-COMPETITIVA

 
Anche quest'anno sono arrivati i giorni dei test Invalsi. Ieri alle elementari, oggi alle medie, il 16 maggio alle superiori. Chi scrive, per la cronaca, ha aderito allo sciopero indetto dai Cobas proprio per sollevare le diverse problematiche che deriverebbero dai test (e da una didattica ad essi orientata) in una scuola dove manca l'essenziale e si spendono milioni di euro per misurarne lo sfacelo.
Tra ieri ed oggi, i bambini di 2^ e 5^ elementare e di 1^ media sperimenteranno un diverso modo di fare scuola. Sono i giorni della prova Invalsi, giorni “speciali” nei quali gli insegnanti sono un po' meno docenti e un po' più “somministratori” di quiz. Per avere un'idea date un'occhiata al “Manuale per il somministratore” cui attenersi scrupolosamente. E come in ogni quiz che si rispetti, il fattore tempo è determinante, devi essere più veloce, devi fare meglio degli altri... Ai docenti è richiesto di munirsi di un cronometro (una prova di velocità “somministrata” a bambini di 8 anni) e si suggerisce anche cosa dire ai bambini (frasi fredde, robotiche) all'inizio:
“Quando vi darò il via, dovete cominciare la prova vera e propria e cercare di fare più in fretta che potete ma non vi preoccupate se non riuscite a finire. Ricordatevi di non fermarvi quando arrivate in fondo a una pagina e di passare subito a quella dopo. Quando vi dirò di smettere, dovete posare immediatamente la penna e chiudere il fascicolo”
cosa rispondere se chiedono aiuto
NON risponda alle eventuali richieste di aiuto degli alunni sulle domande delle prove
cognitive. NON dia alcuna informazione aggiuntiva, indicazione o suggerimento relativamente al
contenuto di alcuna delle domande della Prova.  LA MIGLIORE RISPOSTA da dare a qualunque richiesta di aiuto è: “Mi dispiace ma non posso rispondere a nessuna domanda. Se ti può essere utile, rileggi le istruzioni e scegli la risposta che ti sembra migliore”. (!!!)
Chi lavora con i bambini sa benissimo che una prova (scritta o orale che sia) è influenzata (in meglio o in peggio) dall'atteggiamento del docente. Ora immaginate quale può essere il risultato di un quiz per un bambino che fino a ieri poteva contare sugli incoraggiamenti della maestra ed oggi si ritrova dinanzi un sommistratore freddo e cronometrico.
E' vietato fare la pipì: “gli allievi che chiedono di uscire dal locale della somministrazione al di fuori della/e pausa/e prevista/e possono farlo solo in situazioni di emergenza (ad esempio, nel caso si sentano male). E se si sentono male perchè gli si è impedito di uscire? Chi ne è responsabile?
L'altra “stranezza” di queste prove-quiz è l'assurda esclusione (nel vero senso del termine) dei ragazzi in difficoltà. Infatti, quanto agli alunni con DSA (disturbi specifici dell'apprendimento) o quelli in situazione di handicap si legge “se a giudizio del Dirigente scolastico le prove standardizzate non sono ritenute adatte a un allievo con DSA in ragione della natura e della specificità del disturbo stesso, è possibile dispensare lo studente dal sostenimento delle prove, avendo cura di impegnarlo nei giorni delle prove in un’altra attività ritenuta più idonea.”
Quanti ragazzini saranno portati fuori dalle proprie aule nei giorni dell'Invalsi? I genitori di questi bambini ne sono a conoscenza? Come viene motivata la loro esclusione ai compagni di classe?
La competizione si sa' rende più semplice il compito degli insegnanti, ma non lo rende assolutamente più efficace: fare “bene” e fare “meglio degli altri” sono cose assai diverse che implicano obiettivi e strategie diverse. E poi: non è detto che se faccio “meglio”, ho fatto “bene”. L'impostazione competitiva è estremamente fallimentare nel campo educativo. E quando si fa a gara a “chi è il più bravo del reame” in realtà si carica inutilmente di ansie l'alunno. Certo nessuno si illude che la didattica non ricorra mai a questi espedienti, ma questo non significa che non se ne debbano riconoscere gli aspetti disastrosi.
Sono gli stessi insegnanti che dovrebbero iniziare ad approfondire autonomamente la questione.
La scuola italiana ha registrato tagli per 8 MILIARDI di euro (16 mila miliardi di vecchie lire!!) negli utimi 3 anni, ha perso 81 mila insegnanti e quelli che restano sono sempre più vecchi, le classi sono sempre più numerose e gli edifici scolastici necessitano di interventi strutturali importanti, l'anno prossimo con il c.d. “dimensionamento” vi saranno MEGA-SCUOLE anche da 1800 alunni...
Gli insegnanti dovrebbero inoltre iniziare a riflettere su quella che gli esperti chiamano “teaching to test”: quanti di noi hannno modificato la didattica (le case editrici lo fanno da un pezzo) in funzione dei quiz? Nell'immaginario degli alunni (e non solo) il quiz non è lo strumento, bensì il fine e questo è deleterio per il processo di apprendimento.
Allora non è peregrina l'idea che attraverso i risultati dei test, considerati “un termometro oggettivo” dai sostenitori dei quiz, si voglia giungere ad una competizione ed una classifica tra le scuole. Concorrenza tanto cara al mondo dell'impresa e dell'economia i cui principi non hanno mai ispirato la scuola pubblica dal dopoguerra da oggi. Difficile pensare che attraverso i quiz si voglia migliorare la situazione. Una scuola nel CEP di Bari sarà penalizzata (magari con minori risorse) qualora i risultati dei ragazzini sarannno al di sotto della media nazionale? La dura legge della concorrenza non può fermarsi ad aspettare chi è indietro (i ragazzi con handicap o DSA sono di intralcio allo svolgimento dei quiz cronometrati). Ed allora che ne sarà della scuola di inclusiva sancita dalla legge quadro n. 104/92?
Oggi, dopo anni di ferite inferte, è tempo di curare la scuola e incoraggiarne gli operatori della scuola pubblica (i fondi per le scuole private stranamente aumentano), NON già di perdersi nell'inutile compito di dare una misura allo sfacelo prodotto da decenni di malapolitica.
Michele Loporcaro
(insegnante di sostegno - promotore del Comitato ScuolaBeneComune Altamura - RSU Cobas Scuola - genitore preoccupato)

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