venerdì 6 aprile 2012

il 6 aprile 2009 a L'Aquila

 
6 aprile 2009 – 6 aprile 2012
Per non dimenticare il terremoto che il 6 aprile devastò L’Aquila, città senza futuro, causando 309 morti, circa 2.000 feriti e la distruzione di un ingente patrimonio architettonico nonché del tessuto sociale, totalmente sfaldato.
La ricostruzione del centro storico è praticamente ferma. 21.731 persone (dei 72 mila residenti) ancora fuori dalle proprie abitazioni. Di queste oltre 7 mila abitano nei Map(Moduli abitativi provvisori, ossia le casette di legno, nate subito dopo la tragedia), 573 nelle case in affitto concordato con la Protezione Civile, 630 attraverso il fondo immobiliare. Altre 314 persone risiedono in albergo o nella Scuola sottufficiali delle Fiamme gialle di Coppito.
Il numero più consistente della popolazione (13 mila cittadini circa) risiedono nelle 19 new town, in quello che e’ stato il famigerato Progetto “Case” imposto dalla dittatura mediatica della banda BB (Berlusconi & Bertolaso), dormitori senza servizi distanti decine di chilometri l’uno dall’altro e dal centro storico che hanno causato una disgregazione sociale senza precedenti. Abitazioni provvisorie che hanno avuto un costo di 2.700 euro a metro quadrato e che a distanza di tre anni presentano, nonostante il costo, difetti non calcolati o peggio ancora interventi di manutenzione non fatti.
Fermi ancora i cantieri nel centro storico (circondati da tonnellate di macerie, solo il 5% sono state portate via su un totale di 4 milioni), un centro storico ancora con la “zona rossa” recintata e vigilata dai militari in cui da ricostruire sono circa 177 ettari oltre ai 403 delle frazioni. Soltanto nella periferia sono cominciati a macchia di leopardo i lavori di ristrutturazione o ricostruzione. Circa 23 mila gli edifici che hanno subito i danni gravi dal terremoto.
Studi di settore hanno messo in luce come il 70 per cento degli aquilani e’ affetto da depressione silente e l’uso di farmaci antidepressivi è aumentato in modo esponenziale; il 60% dei bambini soffre di crisi d’ansia.
Sviluppo e occupazione al palo, ricostruzione ferma, tessuto sociale sfaldato. E sempre più lavoratori che, costretti, abbandonano la città o manifestano la volontà di trasferirsi altrove. Nell'industria aquilana, dopo il terremoto, non c'è stata l'ombra di nuove attività, di crescita o di incremento occupazionale. In nessun settore, neanche in quelli strettamente collegati alla ricostruzione. Anzi, l'elenco delle aziende in crisi, con un ricorso massiccio alla cassa integrazione, è aumentato. Il lavoro non è stato messo al primo posto. Non si è pensato a strumenti per attrarre investimenti, come il credito d'imposta, la zona franca è rimasta un sogno. E la riforma del mercato del lavoro renderà ancora più precaria l'occupazione nel territorio.  Numerose le vertenze ancora aperte: alla Otefal ci sono 200 posti a rischio, il futuro del gruppo Compel è un'incognita, per il sito del polo elettronico non si vedono prospettive, la Selex deve ancora sciogliere il nodo sui nuovi investimenti. E poi ci sono 300 esodati per i quali servirebbe una moratoria alla riforma pensionistica. Nel frattempo numerosissime le piccole e medie aziende che sono state costrette a chiudere a causa della mancata ripartenza. Confartigianato parla di circa 500 micro imprese artigianali che non sono riuscite a ricollocarsi (chiuse!) e altre 1.500 a rischio chiusura. La ricostruzione infatti e’ ferma, nemmeno uno spiraglio di luce si intravede dal lungo tunnel in cui la città è precipitata o è “stata precipitata”. Una città senza futuro.  
Cosa dire poi dello spettacolo creato attorno al sisma? La narrazione che si è fatta del sisma aquilano ha mostrato quanto profondo fosse oggi il collasso della cultura: una cultura ridotta a fenomeno mediologico, senza profondità nel passato né proiezione verso il futuro. Con la "dittatura del presente" tutto diventa cronaca giornalistica e reality televisivo.
Le macerie del terremoto sono diventate set televisivo, e poi anche cinematografico, per passerelle della politica-show.
Con l'inopinato trasferimento del G8 dalla Maddalena a L'Aquila la banda BB, Berlusconi e Bertolaso, ha proiettato in dimensione planetaria il repertorio del teatro nazionale. Le montagne di macerie (quattro milioni di tonnellate!), nella loro spettralità senza viventi, sono state ostentate senza alcun ritegno quale backstage per star e primi ministri, con il contorno di first ladies dall'aria sofferente (se non lacrimosa), cui facevano da ulteriore corona patetiche figure delle istituzioni locali apparentemente rincuorate dalla condivisione del "lutto", fotografica e televisiva, con i "grandi della terra".
Tutto questo era già evidente - per chi avesse voluto vederlo - al momento della tragedia.
Ma ancora di più lo è oggi, a tre anni di distanza, allorquando i ritardi, le distorsioni e gli affarismi della ricostruzione sono sotto gli occhi di tutti, per non dire dei risvolti penali probabilmente disvelati solo in parte dalle inchieste giudiziarie.
Alla rappresentazione del "presidente che fa" si aggiungeva quella dei "capi del mondo" che pure avrebbero fatto, o comunque prendevano impegni a fare anch'essi cose concrete. Ma a distanza di tre anni ognuno può constatare cosa rimane di tutta quella retorica spettacolarizzazione della tragedia. 

In realtà quando un giorno si farà la storia del berlusconismo - che non è stato solo chiacchiera e inconcludenza politica del neoliberismo in salsa italiana ma soprattutto degrado etico-civile e desertificazione valoriale - probabilmente si dovrà constatare che la sua operazione più ignominiosa è stata proprio quella di aver trasformato le rovine del terremoto aquilano in un palcoscenico per esibizioni televisive (da ascoltare anche le intercettazioni telefoniche tra Bertolaso – Berlusconi - Letta sul preteso posto in prima fila ai funerali delle vittime). Mai prima del G8 aquilano la spettacolarizzazione della catastrofe aveva assunto forme così smaccate. Ammantate da finta pietas si sono visti - e ancora se ne vedono - comportamenti francamente cinici e odiosi.

(Sintesi di dati, articoli e opinioni a cura dei Cobas de L’Aquila)

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